“Vietnam… ma è così lontano! Siete pazzi? Perché proprio laggiù?” In effetti, non sono molti gli italiani che scelgono di affrontare un viaggio in Vietnam, nonostante i buoni rapporti tra i due popoli. Allo stesso tempo, non è proprio da pazzi decidere di passare le vacanze in un Paese orientale con più di 3400 Km di splendide coste, una natura selvaggia e tropicale, con una storia affascinante conosciuta in tutto il mondo, abitato da un popolo generalmente tranquillo, sorridente e laborioso e che ha una tradizione culinaria ricca ed assortita che raramente ti fa rimpiangere quella di casa.
Per di più, il Vietnam sta vivendo un periodo di transizione e, dopo anni d’isolamento, la sua “apertura” al mondo implica inevitabilmente anche un cambiamento e una perdita di autenticità: alcune zone, infatti, si stanno trasformando in veri e propri centri organizzati per soddisfare le esigenze dei turisti occidentali.
Delta del Mekong
Luoghi ancora intatti e incontaminati rimangono le località situate sulle rive del Mekong, nella zona più meridionale del Vietnam. Il Delta del fiume (chiamato dai vietnamiti il “Drago a nove code” per le nove ramificazioni con cui si tuffa nel Mar Cinese Meridionale) è uno dei più vasti del mondo. Le sue acque nascono in Tibet, scorrono attraverso la Cina, segnano il confine tra il Laos e la Tailandia, tagliano in due la Cambogia e, infine, arrivano in Vietnam, dove sfociano nel mare.Nella zona del Delta la vita economica e sociale della popolazione è regolata dalla rigidità del fiume. Fino a pochi anni fa le uniche vie di comunicazione erano esclusivamente sull’acqua e tuttora, durante la stagione delle piogge, le strade diventano impraticabili. È meraviglioso attraversare i canali, osservando villaggi e risaie in silenzio, spinti lentamente dalle barche a remi e ritrovarsi immersi nell’atmosfera singolare degli affollatissimi mercati galleggianti del Delta. Un po’ meno romantico, ma comunque di un certo fascino, è visitare le aziende a conduzione familiare che lavorano il riso ed assaggiare tutte le diverse leccornie preparate con questo alimento: soffiato e arricchito con il cocco o il miele, schiacciato come una “piadina” che si scioglie in bocca, o sottile come un foglio di carta commestibile per avvolgere i famosi involtini. Soggiornare anche per poche ore presso una famiglia sul Mekong è una bellissima esperienza; i vietnamiti sono persone molto ospitali e con orgoglio ti mostrano il prodotto del loro lavoro. Organizzare un tour è abbastanza semplice: tra le stradine attigue al viale di Phan Gu Lao, nel distretto Saigon a Ho Chi Minh City, si trovano numerose agenzie di viaggio che offrono passaggi economici o gite organizzate per qualunque località e dove è facile incontrare altri giovani turisti con i quali condividere le escursioni.
Il riso
In Vietnam c’è una grande varietà di specialità culinarie appartenenti alle diverse culture gastronomiche dei Paesi che nei secoli lo hanno occupato o influenzato. I noodles e i ravioli cinesi, le baguette e i croissant francesi e i plum-cake e le bistecche di origine americana sono parte integrante dell’alimentazione; ma per un vietnamita nutrirsi significa principalmente mangiare riso (nella lingua vietnamita “consumare un pasto” si dice an com che letteralmente significa “mangiare del riso”) e tutto il resto è solo un contorno per insaporire l’alimento. Il Vietnam, dopo la Tailandia, ne è il maggior produttore ed esportatore del mondo. Le strade del Paese sono circondate da risaie, lunghissime distese color verde intenso. Lungo i campi è frequente scorgere contadini con i cappelli conici chini sulle piante di riso, con le gambe nel fango, che pazientemente eseguono lenti movimenti come passi di danza. La coltura del riso ha antiche origini: i primi abitanti dell’Asia centrale ne furono consumatori, ma è “solo” duemila anni fa che cominciò la coltivazione in risaia, tecnica che favorì la diffusione dell’alimento e che lentamente raggiunse l’India, l’Indocina e successivamente la Cina meridionale e il Vietnam. Le strutture delle risaie modificarono il paesaggio rurale e, in tale maniera, le campagne umide e paludose che sembravano condannate alla sterilità divennero spazi esclusivi. Nonostante le diverse riforme sociali cui è stato sottoposto il Vietnam dall’unificazione ad oggi, la principale occupazione degli abitanti rimane l’agricoltura. Con l’espansione demografica avvenuta negli ultimi anni, i vietnamiti sono diventati settantasette milioni, in una superficie di trecentotrentamila chilometri quadrati (di poco superiore a quella dell’Italia); l’alta densità demografica ha causato un impoverimento delle risorse rurali generali e la poca terra e le troppe bocche da sfamare hanno costretto gran parte della popolazione a trasferirsi nei grossi centri urbani.
Saigon… ancora Saigon
La città più grande del Vietnam è Ho Chi Minh City, la vecchia Saigon, nel sud del Paese, dove ufficialmente risiedono quattro milioni di abitanti, ma che in realtà è abitata da sette milioni di vietnamiti, se si calcolano anche i cittadini privi di regolare residenza. I nuovi edifici, i lussuosi alberghi e gli sfavillanti negozi sono il simbolo della prosperità della città, mentre il caos provocato dalla frenesia del traffico e l’inquinamento sono la prova tangibile della tenace volontà dei vietnamiti di migliorare la propria sorte. Saigon è soffocante, vi regna la confusione ed è quasi impossibile raggiungere a piedi qualsiasi meta turistica. Il modo migliore per visitare la città è accettare una delle continue offerte di passaggio da parte dei guidatori di ciclò, sebbene in un primo momento l’idea che per accompagnarti qualcuno si ammazzi di fatica pedalando in mezzo al traffico è un po’ imbarazzante. Per i vietnamiti è normale: il ciclò è il mezzo pubblico più comune e viene utilizzato per trasportare di tutto (mobili, frigoriferi, ricambi per auto, donne con i sacchi della spesa, famiglie intere e, quindi, anche i turisti). Il primo giorno, giunti da poche ore nella capitale del Sud e non ancora esperti delle condizioni delle strade, ci eravamo inoltrati nelle vie della città pensando di fare una piacevole passeggiata. Il nostro intento era raggiungere, con calma, la Cattedrale dedicata all’Immacolata Concezione, eretta dai francesi durante l’occupazione; ma la tranquillità è un modo d’essere inesistente per il vietnamita, soprattutto a Saigon. In poco tempo, infatti, ci siamo trovati circondati dalla frenesia di motorini, biciclette, macchine, pullman e ciclò che circolavano senza sosta. Passeggiare per i viali è stato più arduo del previsto; tutta la nostra attenzione era rivolta ad evitare di essere travolti. L’itinerario che ci eravamo prefissati era “ideale”: dal nostro albergo situato in Pham Ngu Lao (la zona “fricchettona” dove si possono trovare camere a prezzi abbordabili) volevamo raggiungere la Cattedrale, passando per il mercato di Ben Tran. In seguito, si poteva visitare il palazzo della Riunificazione e il vicino parco Cong Vien Van Hoa, dove avvenivano i preparativi per la Festa del Tet e, infine, assaporare l’atmosfera dell’unico luogo di culto induista rimasto: il Tempio Hindu di Mariamman. A Saigon, inoltre, si può visitare il “Museo dei residuati bellici”, dove sono documentati i crimini dei numerosi conflitti avvenuti in Vietnam, come quelli con la Cina e la Francia, e dove un ampio spazio è dedicato alla guerra con gli Stati Uniti. È possibile anche fare un giro nel quartiere cinese Cholon, ricco di pagode buddiste e di innumerevoli negozietti di elettronica, forniti di ogni sorta di “mercanzia” e di apparecchiature a basso costo. Qui si trovano scaffali colmi di CD masterizzati dagli originali: in Vietnam non esiste una legge sul copyright! Un’interessante esperienza per chi visita Saigon per la prima volta è girare per il mercato coperto di Ben Tran. Entrandoci si è subito immersi nella soffocante atmosfera delle innumerevoli bancarelle dove si vende di tutto: scarpe, vestiti, cappellini conici, borse, utensili per la casa. Al centro della struttura è situata la zona gastronomica dove, tra verdure e frutti tropicali, si trovano anche banchetti che preparano sul momento leccornie locali di ogni tipo. È un grande caos e bisogna stare attenti a non perdersi tra gli sfavillanti colori delle stoffe accumulate in torri che arrivano fino al soffitto. Vale la pena fare un salto per vivere l’atmosfera frenetica del contrattare vietnamita e, magari, acquistare qualche regalino da portare in Italia.
Le spiagge
Per raggiungere le località marittime da Ho Chi Minh City bisogna proseguire in direzione nord, lungo l’Oceano. Il Vietnam si estende per chilometri di costa e le spiagge sono meravigliose: lunghe distese di sabbia bianca ombreggiate da altissime palme di cocco. A Mui Ne, ogni sera al tramonto le donne e i bambini escono dalle loro case e aiutano i pescatori tornati dal mare a tirare su le reti, un’operazione lenta e sofisticata, simile ad una danza rituale. A Ca Na Beach, poco più a nord, la marea regola il paesaggio, facendo sorgere dalle acque scogli sommersi o rimpicciolendo la spiaggia. A Doc Let, a pochi chilometri da Na Trang (località marittima molto frequentata dai turisti e per questo un po’ “rovinata” dalle recenti costruzioni: alberghi di lusso, ristoranti, discoteche e locali alla moda), l’atmosfera pacifica e solitaria rende piacevole il soggiorno nell’unico “albergo” a gestione statale di tutta la spiaggia. Ogni mattina, dai paesi vicini giungono le donne che offrono massaggi da gustare sdraiati comodamente sulla sabbia sotto il sole. I vietnamiti danno molta importanza all’aspetto e hanno una gran cura del loro corpo. Sono spesso ordinati e ben vestiti: sotto la pioggia in città, in mezzo ai campi o mentre puliscono il pesce sulla spiaggia le donne indossano vestitini di seta che svolazzano al vento. La concezione della bellezza di un vietnamita è differente dalla nostra: gli uomini sono glabri e, quindi, un ragazzo con i capelli lunghi diventa un “fenomeno” da guardare con curiosità. La pelle chiara è indice di bellezza; è facile vedere donne vietnamite completamente coperte con lunghi pantaloni e camicie, guanti, foulard e cappello per non rischiare di essere colpite dai raggi del sole.
Hoi An e Hué
Il mare non è però l’unica attrazione della costa. La piccola città di Hoi An, a pochi chilometri da Hué, è un porto di mare meraviglioso: stradine minuscole, case colorate con colonne in legno intagliato e base in pietra per proteggersi dall’alta marea, antichi templi cinesi e un’atmosfera da favola. Tutto questo, però, solo al mattino presto, quando l’ondata di turisti presenti nella città non affolla le strade e i commercianti vietnamiti non hanno ancora aperto gli innumerevoli negozi. Hoi An, infatti, è famosa da secoli per le sue stoffe e i suoi sarti, che nel giro di poche ore ti confezionano abiti su misura. La cittadina è piena di botteghe aperte fino a tardi dove, per pochi soldi (farsi fare una camicetta su misura costa mediamente due dollari statunitensi), ti rifanno il guardaroba!
Proseguendo per Hué, è possibile fare una piccola deviazione per visitare il sito archeologico più suggestivo del Vietnam: My Son. Nella magica atmosfera di una vallata solitaria, immerse nel verde della foresta tropicale, spuntano alcune torri Cham, testimonianza della più antica etnia del Paese. Raggiungere My Son è semplicissimo e ne vale veramente la pena: ci si può unire alle escursioni organizzate dalle agenzie, oppure, molto più avventuroso e divertente, si può affittare un motorino e seguire le numerose indicazioni sulle strade. Arrivati a Hué abbiamo raggiunto l’ultima tappa del nostro viaggio: l’esatta metà del Paese, al 17° parallelo. L’aspetto magnifico della città rispecchia perfettamente la sua storia: fu capitale dell’Impero Vietnamita nel breve periodo dell’unificazione compiuta, nei primi anni del secolo scorso, dalla potente famiglia feudale degli Nguien; in seguito, fu riconquistata dai francesi e, successivamente, bombardata dall’esercito di liberazione vietnamita durante l’ultimo conflitto. Il Fiume dei Profumi divide in due la città: l’antica cittadella imperiale e la Pagoda Thien Mu, detta anche Pagoda della “Dama Celeste”, da una parte e il quartiere dell’epoca coloniale francese, gli edifici moderni e l’università dall’altra.Sono diverse le escursioni da fare: Dai Noi, il sito dell’antica capitale imperiale in ricostruzione, le maestose tombe degli imperatori distribuite nelle colline circostanti e la zona demilitarizzata, un’area di altissimo valore strategico durante il conflitto con gli Stati Uniti. Purtroppo, per decenni le antiche strutture di Hué sono rimaste abbandonate perché reputate il simbolo della sottomissione all’imperialismo cinese, ma adesso la città è considerata il principale centro della cultura vietnamita.
Hué è molto viva e popolata: nelle vie circostanti la zona dell’università è piena di piccoli bar, localini, librerie e fotocopisterie affollate di studenti provenienti da tutto il Paese. È proprio in questi luoghi che abbiamo conosciuto Yang, un ragazzo della provincia di Hanoi, che frequentava l’ultimo anno della facoltà di Ingegneria, ma che era soprattutto interessato ad imparare le lingue straniere. Ci aveva avvicinato con il suo italiano stentato in uno dei numerosi baracchini che vendono frittelle lungo la strada ed eravamo rimasti a parlare tutto il pomeriggio. Oltre al vietnamita, Yang si esprimeva correttamente in inglese e francese e stava studiando la nostra lingua, perché sosteneva che i turisti Italiani erano in aumento. La sua principale preoccupazione, come per quasi tutti i giovani vietnamiti, era ovviamente trovare un lavoro conclusi gli studi e il turismo sembra essere uno degli sbocchi occupazionali più richiesti.
Confucianesimo, ma non solo…
Ciò che più affascina del Vietnam, oltre alla sua fantastica natura, è la forte identità culturale che appare notevolmente radicata in ogni singolo abitante. È una società talmente diversa dalla nostra che per capirne le abitudini e le usanze è necessario approfondire ciò che in apparenza può risultare stravagante. Difatti, influenzato per secoli dalla cultura cinese, il Vietnam ha assorbito molti tratti del confucianesimo, che in sostanza è un sistema di regole comportamentali e di imperativi morali volti ad assicurare l’armonia sociale. In tale contesto si capisce come il rispetto verso se stessi e verso gli altri sia il principio fondamentale della mentalità vietnamita, che reputa “giusta” ogni diversa identità. È anche per questo che il vietnamita, per paura di ferire il prossimo facendogli notare che ha torto, cerca sempre di evitare ogni conflitto o contrapposizione. Noi, semplici turisti, abbiamo percepito questa caratteristica comportamentale in diverse occasioni; ad esempio al ristorante, quando ordinando un piatto del ricco menù ci si è sentito rispondere ridendo un po’ imbarazzati: “Sì, va bene… non c’è problema”.
In realtà, durante l’attesa, ci siamo accorti che qualcuno, di nascosto, è andato a comperarti gli ingredienti necessari per cucinare. È straordinario, per un vietnamita niente è assoluto: ogni condizione “problematica” presenta diverse interpretazioni e soluzioni, senza che mai nulla sia accettato o respinto completamente. Dire che si è “single” o che non si ha ancora figli nonostante la veneranda età di venticinque anni provoca un notevole imbarazzo nei vietnamiti; non avere una famiglia è considerata una sfortuna e chi non è sposato è guardato con commiserazione. Una piccola bugia, in qualche caso, può aiutare!
Fotografie di Angela La Face